Alle tante possibilità delle Isole Piccole è dedicato il secondo numero di Mappe, la nuova rivistalibro del Touring Club Italiano, in libreria dal 9 luglio. Abbiamo chiesto ai quattro curatori, giornalisti ed editor del Touring (Stefano Brambilla, Barbara Gallucci, Tino Mantarro, Chiara Schiavano), qualche anticipazione.
Perché avete scelto come tema le Isole Piccole?
Se c’è una categoria di luoghi che fanno parte del nostro immaginario sono le isole: specie quelle piccole, di dimensioni ridotte, circumnavigabili in poco tempo, inquadrabili da un unico sguardo. Le isole piccole sono spesso remote, a volte paradisiache: posti in cui tutti, almeno una volta nella vita, hanno pensato di trasferirsi, per cambiare vita tagliando i ponti con il passato e con la terraferma. A volte sono considerate la dimensione perfetta della felicità, per gli studiosi di ogni disciplina sono state la palestra ideale per arrivare alla comprensione dell’umanità e della sua relazione con l’ambiente.
Qual è l’idea di fondo di questo numero di Mappe?
Nonostante lo stereotipo diffuso dell’isolamento – parola che proprio da “isola” deriva –, le storie di questo numero partono da un’ipotesi forte: nessuna isola, e nessuna persona, è davvero isolata. Perché, come spiega l’antropologo Adriano Favole nel suo saggio introduttivo – Il mare non separa più le isole – l’isola non è un accidente della geografia, un mondo singolare e incontaminato adatto soprattutto per visite turistiche e immaginari di palme e sabbia fine, ma un territorio in relazione con il resto del mondo. Chi vive su un’isola o dentro un’isola non si sente, e non è, davvero isolato, come emerge dal reportage di Emanuela Evangelista, che parla della sua vita in un minuscolo e isolatissimo villaggio amazzonico, o dalla riflessione dello storico Alberto Grandi sulla cucina (inventata) dei Cimbri della Lessinia.
Quali aspetti delle piccole isole avete indagato?
Moltissimi. A seconda dell’epoca, le isole piccole sono state carceri e luoghi di confino, paradisi fiscali e recinti per fuggiaschi o persone lì abbandonate, come nel caso degli schiavi dimenticati a Tromelin protagonisti della graphic novel del disegnatore francese Savoia, di cui pubblichiamo un estratto inedito in Italia. A volte sono fantasie della mente che si trovavano solo sulle carte geografiche e non nella realtà, come racconta Graziano Graziani; altre sono luoghi che ci seducono nel primo istante in cui ci approdiamo, come la Procida di Chiara Gamberale; altre ancora terre del mito, come ricorda Matteo Nucci riguardo a un’isola innominabile nell’Egeo. Soprattutto oggi sono terre fragili, sempre più a rischio di scomparsa a causa della crisi climatica, come narra il reportage dal lontanissimo arcipelago di Kiribati di Alice Piciocchi e Andrea Angeli. Come per ogni numero di Mappe, abbiamo utilizzato vari linguaggi per raccontare queste storie: racconti, saggi, reportage, mappe e infografiche.
Nel primo numero di Mappe, dedicato ai Confini, siete partiti dalla geografia per poi allargare il concetto ad altri campi del sapere e ai diversi significati. Anche per Isole Piccole è successo lo stesso?
Sì, è uno degli obiettivi di Mappe: allargare lo sguardo, partire da quello che ci è più vicino per andare a cercare altre dimensioni, altri orizzonti. In questo caso abbiamo parlato anche di isole familiari, come quella di Marina Viola, che racconta il brusco cambio di rotta che il suo viaggio verso la maternità subisce quando scopre che il figlio che nascerà è autistico – oppure di isole che non lo sono, come il quartiere Isola di Milano in cui Piero Colaprico ambienta un racconto giallo. Ma anche di carceri, luoghi di solitudine e di isolamento, nell’analisi di Valeria Verdolini; e delle sensazioni che una velista solitaria prova in mezzo all’oceano, nell’intervista che Emanuela Audisio ha fatto a Isabelle Autissier. In fin dei conti siamo tutti piccole isole, ma collegati al mondo da un mare che diventa ponte tra un’isola e l’altra.
E in copertina che immagine avete scelto?
Uno scatto dalla serie In the Swimming Pool di Mária Švarbová, fotografa slovacca inserita tra i talenti di Forbes Under 30, che si ispira all’estetica delle severe architetture sovietiche. Racconta la solitudine e il silenzio di una donna in una piscina senz’acqua, in una posizione giocosa ma immobile, sognante e al tempo stesso distaccata. Un’aliena destabilizzante nella sua bellezza e, insieme, ammaliante. Come una piccola isola immaginaria.