Ludmilla e il corvo è il secondo romanzo di Gennaro Serio, edito da L’orma Editore. È un romanzo fiabesco, inverosimile che celebra il potere immaginifico della letteratura. Abbiamo intervistato l’autore per scoprirlo con lui.
È l'estate del 1962 e viene ritrovato il misterioso manoscritto di Kakfa, Der Rabe - Il corvo. Il romanzo che Kafka avrebbe scritto durante il suo soggiorno a Berlino del 1923, dopo l'incontro con una bambina disperata per aver perso la sua bambola, Ludmilla appunto. Un romanzo "Ludmilla e il corvo" che trova il suo equilibrio tra realtà documentale e storia virtuale. Quanto è complesso rendere narrazione qualcosa che non trova riscontro fino in fondo nella realtà?
La realtà è un tipo molto complesso, e in gran parte ancora sconosciuto, di finzione. Lo scrittore cerca alla luce fioca del suo lanternino quello che, dietro questo monstrum minaccioso che chiamiamo con il nome collettivo di realtà, è scivolato nell'ombra, a suo dire ingiustamente. Per non invischiarsi ai loschi affari di offuscamento della cosiddetta realtà, la finzione la infiltra, come un'inviata speciale dietro le linee nemiche, e prova a ristrutturarla con una grammatica segreta che impasta quello che si vede con quello che forse c'è ma non si vede, e anche con quello che non c'è affatto ma potrebbe esserci; è il mestiere dello scrittore, da sempre. E poi, anche se la sua è un'arte, come disse un poeta, disperatamente semantica, questo non deve farci dimenticare che le sue sono ragioni estetiche, stilistiche, e che la sua pagina corrisponde al pentagramma di un compositore o alla tela di un pittore. Chi chiederebbe mai conto a questi artisti del fatto che non raccontano la realtà con tutti i suoi terribili guai? Infine: nel nostro tempo, sommerso dagli anestetici più fantasiosi, c'è una tensione logica e formale oltre la quale il testo letterario, se è buono, si può non soltanto leggere, in senso stretto, ma anche e soprattutto sentire, e il lettore può esserci, essere dentro il testo che legge; è una esperienza che tutti noi lettori conosciamo: estremamente corporea, risveglia in noi una sensibilità quasi dolorosa, rarefatta, come il contatto con l'elettricità o il freddo estremo. A volte produce l'effetto, la lettura, di farci sentire tutto più vivo, e infine, più reale. Eppure, si tratta di un artificio.
Questo manoscritto è ricercatissimo e con sé porta l'interrogativo più grande di tutti andrebbe rispettata la volontà di Franz Kafka di bruciare "quanto giace inedito nel suo studio"? Lei, se ne entrasse in possesso, cosa farebbe?
Se fossi nel 1924, e fossi il primo a entrare nello studio di un grande scrittore segreto appena morto, e mettessi le mani sulla sua opera letteraria, ancora in gran parte inedita... La farei pubblicare con un nome falso, per il quale inventerei la storia di un uomo che ha sofferto tutta la vita il dissidio interiore tra scrivere e tacere, tra vivere e no, tra amore e solitudine, un uomo che si ammala da giovane, un uomo troppo lucido per qualsiasi epoca della irrilevante società degli uomini, uno scrittore che scrive in una lingua alla quale non corrisponde una nazionalità precisa, un uomo altissimo e magrissimo, disperato e estremamente spiritoso. Scriverei anche un suo lungo, falso diario per corroborare un simile ritratto. Gli troverei un nome assurdo, come per esempio Kafka, che è il nome di un uccello.
Ludmilla e il corvo è in libreria e su #Culpt, per accompagnarvi durante questi giorni d’estate.