Elisa esce per andare a messa in
una domenica di sole del settembre 1993.
In una città tranquilla e anonima come Potenza, scompare nel nulla per 17 anni, per essere ritrovata nel posto più incredibile di tutti, la soffitta della chiesa della Santissima Trinità della città, cioè l’ultimo luogo dove era stata vista viva e l’ultimo in cui ci si sarebbe aspettati di trovarla.
Dal 1993 al 2010 succede di tutto: false piste, testimoni che mentono inconsapevolmente, sospetti, depistaggi, un assassino impossibile da incastrare, errori investigativi, sacerdoti che inquinano le acque, una chiesa che custodisce un cadavere, un nuovo omicidio in Inghilterra, quello di Heather Barnett nel 2002.
Due delitti che potevano essere evitati.
Il fatto di cronaca torna ad interessare il pubblico dopo l'uscita di "Dove nessuno guarda", il podcast di Sky Italia e SkyTG24 realizzato da Chora Media, scritto da Riccardo Spagnoli, Alessia Rafanelli e Pablo Trincia (dal quale è stata tratta l'omonima docuserie in onda oggi e domani sui canali Sky e in streaming su Now) e dopo la fiction Rai di Marco Pontecorvo "Per Elisa. Il caso Claps". La letteratura però, si era già interessata al caso e l'inchiesta "Il caso Elisa Claps" (Armando Editore) di Armando Palmegiani e Fabio Sanvitale ne è una dimostrazione.
Palmegiani, Direttore della collana "Inchieste" della casa editrice, risponde per noi ad alcuni degli interrogativi che il libro fa emergere.
Quello di Elisa Claps è uno dei casi di cronaca più noti del nostro Paese e se ne parla ancora oggi. Elementi ancora da chiarire e da approfondire?
Non dovrebbero esserci elementi da chiarire, probabilmente nell’omicidio di Elisa ha fatto tutto da solo, compreso lo staging nel sottotetto. L’unico elemento, forse, che lascia dei dubbi è legato ad un omicidio avvenuto a Charminster, un sobborgo di Bournemouth il 12 luglio 2002 dove venne uccisa la ragazza coreana Jong-Ok Shin. Per questo omicidio avvenuto 4 mesi prima di quello di Heather Barnett, ed avvenuto nella stessa zona, venne condannato Omar Benguit, però diciamo che si è in molti a pensare che possa essere stato anche in quel caso Danilo Restivo.
Come è stato sviluppato il percorso che ha portato alla pubblicazione del libro sulla vicenda?
Come gli altri libri di cronaca che abbiamo scritto il percorso può iniziare in un solo modo: con l’analisi degli atti giudiziari. Quando si tratta di omicidi come questi, dove le indagini durano decenni, gli atti giudiziari sono una enormità. Si parte indicizzandoli, poi si sistemano e si leggono in tutte le loro parti. Si inizia sempre così, poi si butta giù un canovaccio della storia dove verranno inseriti molti virgolettati e, ovviamente, considerazioni tecniche.
Nel libro, oltre ai protagonisti della triste vicenda, emerge anche la città di Potenza che, se vogliamo, ha un ruolo in questa storia. Quale?
Ha certamente un ruolo, una città bellissima a più di 800 metri di altezza. La toponomastica sicuramente ha contribuito a creare questa storia, la struttura della città che si allunga su questa collina con due strade principali che la attraversano. Diciamo che fin dall’inizio si è pensato, o per meglio dire tutti avrebbero dovuto pensare, che non era possibile che fosse scomparsa senza che nessuno la potesse vedere. Come, purtroppo, scoprimmo molti anni dopo da quella chiesa non uscì mai.
C’è un’affermazione nel libro impossibile da ignorare "Tutta questa storia, invece di durare 17 anni, poteva durare 17 ore". Errori o omissioni nel corso degli anni? Cosa poteva andare diversamente?
Forse sì, ma in questa storia ci sono errori, omissioni e se posso permettermi anche un poco di sfortuna. Gli stessi conoscenti di Elisa si sono sbagliati a collocarla, l’hanno vista in posti dove non era. È una storia di una famiglia che non si è fermata, non si è mai fermata ed alla fine è riuscita ad avere giustizia per il loro familiare ma anche per la famiglia della Barneth. Senza il loro contributo non è detto che la polizia inglese avrebbe incastrato Restivo.
Nonostante atteggiamenti ambigui fin dall'inizio, per lungo tempo si è creduto nell'innocenza di Danilo Restivo. Perché questa convinzione è perdurata e sin da subito non si è dato sufficientemente spazio alla convinzione del fratello di Elisa, Gildo Claps?
La cosa che mi ha sempre meravigliato è che tutti, forse tranne la famiglia Restivo ed alcune figure che sono succedute anni dopo, erano convinti dall’inizio che fosse stato Danilo Restivo o quanto meno che sapesse qualcosa. Ma senza avere elementi per portarlo in dibattimento per il reato di omicidio. Però alla fine…