Chat GPT, la chatbot lanciata nel novembre 2022 dalla società di ricerca americana OpenAI, continua a far parlare di sé. Questo perché il 28 aprile 2023 il Garante della Privacy ha revocato la limitazione relativa al suo utilizzo, imposta il 31 marzo per diversi motivi. I principali, da quanto si legge nel comunicato stampa ufficiale, sono legati all’assenza di norme giuridiche che ne regolassero l’utilizzo e di un’informativa chiara e trasparente riguardo al trattamento dei dati.
Ma facciamo un passo indietro, cos’è Chat GPT? Una chatbot, ovvero un software che è in grado di simulare ed elaborare conversazioni umane. Gli utenti interagiscono con la chat come se fosse un interlocutore reale. Le chatbot fanno parte delle nostre vite da diverso tempo, interagiamo con loro sulle app, sui siti web. Eppure, Chat GPT ha suscitato scalpore da prima del suo lancio sul mercato. Perché?
La protezione dei dati personali non è l’unica ragione che ha interessato la nuova chatbot in grado attraverso complicati algoritmi di creare testi, immagini, audio, codice e video. In molti si sono chiesti quale sarebbe stata la regolamentazione del copyright e del diritto d’autore. Chat GPT è infatti in grado di riprodurre il linguaggio richiesto dall’utente, rendendo così il prodotto finale adatto a diversi utilizzi dal web alla carta stampata fino ai social.
La domanda che ha interessato gli addetti ai lavori nel mondo della cultura e della comunicazione in generale è stata “è possibile creare contenuti con Chat GPT che non violino il diritto d’autore?”
È bene dire innanzitutto che i contenuti prodotti da Chat GPT sono di proprietà di OpenaAI e che quindi non possono essere utilizzati liberamente senza citarne la fonte. Inoltre, siccome l’intelligenza artificiale si appoggia anche a testi già in circolazione, entro la fine del 2023 ogni prodotto dovrà contenere i dati con i diritti d’autore utilizzati per l’addestramento della AI.